Tra il 1913 e il 1914, D.H. Lawrence trascorse nove mesi a Fiascherino nel Golfo dei Poeti. Di quei nove mesi, questo libro è un fedele resoconto, fondato non solo sulle lettere dello scrittore e della sua compagna Frieda, ma anche sui ricordi familiari di uno degli autori, Silvio Vallero, nipote di Ezechiele, il contadino-pescatore vicino di casa e amico personale del romanziere.
Le stesse immagini inserite in queste pagine provengono in buona parte dall’archivio privato di Vallero, una magica scatola di ricordi qui riportati non come cimeli, ma come memoria vivente del legame che unì i due ospiti stranieri, in un periodo diviso fra ansie e incanti, alla famiglia di contadini residente nella stessa baia.
Le spedizioni di pesca, il trasbordo per mare di un pianoforte, la raccolta delle olive con la gente del luogo, un pranzo nella dimora di un russo facoltoso, il matrimonio di Ezechiele, a cui Lawrence fa da testimone, si mescolano alle riflessioni e le diatribe letterarie dello scrittore. Intanto, Lorenzo, come ormai lo chiamavano a Fiascherino, completa un romanzo che sarà poi L’arcobaleno, uno dei suoi più felici.
Chiude il libro un breve ritratto del poeta inglese Charles Tomlinson quale successore di Lawrence a Fiascherino, completato dai versi dell’amico Paolo Bertolani.
Presentazione
Cosa resta, oggi, della baia di Lorenzo? Mario Soldati, nella sua casa di scogliera di Trigliano al confine con la bolla incantata di mare e ulivi dove nel 1913 D. H. Lawrence e Frieda von Richthofen trascorsero giorni felici, notò che ormai solo la luce indisturbata di certe giornate d’autunno e il silenzio delle mattinate invernali rilanciano talvolta l’eco delle voci del passato.
In fondo è ancora così, anche se nulla è stato risparmiato pur di spegnere ogni riverbero antico ed esiliare la pace dalla baia di Fiascherino. Con un po’ di fortuna possiamo ascoltarle ancora quelle voci, anche se il “cottage” del comandante Veppo dove soggiornarono prima Böcklin e poi i Lawrence non esiste più da tempo immemorabile, un bunker sempiterno deturpa la visione della casa rosa sulla spiaggia, ecomostri dominano la scena.
In certi giorni possiamo ancora ascoltare lo sciacquio della barca di Ezechiele che va per polpi con l’amico scrittore e il silenzioso dialogare dei due giovani. O vedere passeggiare con Lawrence impegnato a dirozzare il suo italiano, la giovane maestra e poetessa Eoa Rainusso da Santa Margherita, fidanzata con il bel luigi, “tanto bello”, come dice Frieda, “mentre raccoglieva le olive”. Persino ascoltare nelle sere limpide i concertini della famiglia Azzarini e degli ospiti con chitarra, mandolino e il piano di Frieda. Ma è solo lo schiantarsi delle onde nelle ore di mareggiata potente che rimanda da cent’anni il grido di Elide all’indirizzo di Lawrence, quando lo scriteriato sfida la bufera e nuota sino al centro di una baia scura e gonfia di pericolo. “Lorenzo, Lorenzo!”.
Ecco Lawrence-Lorenzo, ecco “La baia di Lorenzo”.
Mai storpiatura di nome fu più bella e profonda nel significato. Solo in anni recenti, con la traduzione italiana delle memorie della Richthofen, Non io ma il vento…, abbiamo scoperto che quel nome gli era rimasto per sempre, e che Frieda lo salutò proprio così sulla tomba di Vence: “Ciao, Lorenzo”.
Sapevamo che quei mesi in cui Lawrence scrisse poesie, dipinse e concepì l’Arcobaleno, furono straordinariamente creativi e che i due fuggitivi mai dimenticarono Fiascherino: Lawrence tornò fugacemente nel 1919 (ultima visita a cui è legato l’enigma del baule perduto), poi la coppia restò a lungo in corrispondenza con Ezechiele e la maestra. Nondimeno quel “ciao, Lorenzo” ci ha rivelato che Fiascherino rappresentò davvero la stagione di una vita, la maturazione di una visione umanistica, il paradigma della rottura col vecchio mondo che fa da sfondo profetico alla grande opera di Lawrence.
C’è tutto questo nel raccontare di Silvio Vallero e Pietro Ferrari, e molto di più. Le memorie di quel soggiorno tramandate per un secolo dalla famiglia Azzarini con una messe di ricordi e una manciata di documenti sono state raccontate per lo più attraverso gli articoli di una frotta di giornalisti e scrittori, alcuni di prima grandezza come Attilio Bertolucci, che tra gli Anni Cinquanta e Sessanta cercarono a Tellaro le ultime tracce dello “scandaloso” autore dell’Amante di Lady Chatterley. Lo stesso Mario Soldati arrivò a Tellaro, per non andarsene mai più, proprio alla ricerca dei quaderni e dei disegni lasciati da Lawrence e forse custoditi in un vecchio mulino.
Oggi “La baia di Lorenzo” non solo restituisce interamente e nei dettagli quelle storie sinora dipanate in modo frammentario – anche attraverso immagini e ricordi d’epoca attinti da una scatola gelosamente conservata in famiglia – ma ne coglie l’essenza rimasta in ombra: la scelta dei Lawrence di annullare le distanze, trasformare la vacanza in esperienza umana, condividere da pari a pari la vita e i giorni dei contadini-pescatori della baia di Fiascherino. Tra gli Azzarini mezzadri del senatore Cimati e la comunità degli inglesi facoltosi, colti e di schiatta nobile che vivono nel Golfo in un dorato isolamento, i Lawrence non fanno differenze, anche se sembrano sentirsi più vicini ai primi.
La natura così sostanzialmente rivoluzionaria di quel rapporto è ricostruita nell’intreccio dei due filoni portanti del libro: il racconto dell’intesa fra Lawrence e Ezechiele, nonno di Silvio Vallero, e le lettere di Lawrence da Fiascherino, riproposte in traduzione e così ben collegate con la storia, da fare emergere sfumature altrimenti trascurate. Ne scaturisce un affresco con mille propaggini, un affollarsi di co-protagonisti, microstorie e sentimenti, dove assume una prospettiva inedita la stessa vicenda tante volte raccontata della maestra Rainusso che insegna l’italiano a Lawrence, in cui c’è posto anche per un backstage con Charles Tomlinson e Paolo Bertolani e dove non mancano i gialli letterari: dicevamo del baule perduto, ma non solo. Parliamo anche delle lettere scritte da Lawrence alla maestra di Tellaro e a Ezechiele, prese in prestito da un giornalista, e una di queste ritrovata anni fa dallo stesso Vallero alla fondazione Magnani Rocca.
“La baia di Lorenzo” è il risultato di anni di ricerche e riflessioni, tuttavia non è soltanto una sequela di memorie e tanto meno un freddo catalogo di testi critici: è scritto con il cuore, sul filo della nostalgia e della riconoscenza verso chi ha tramandato tanta ricchezza, con la gioia di chi ha scavato a lungo per riportare alla luce un patrimonio prezioso e ora intende condividerlo con i lettori.
Il soggiorno di Lawrence a Fiascherino, cent’anni dopo, non poteva essere ricordato, vagliato, riscoperto in modo migliore. Non è temeraria la speranza che La baia di Lorenzo segni l’avvio di una nuova stagione di ricerche e possa smuovere le coscienze, facendo crescere una nuova consapevolezza su Fiascherino come luogo della cultura europea, almeno perché ciò che ha resistito non sia sopraffatto una volta per tutte dal cemento e dal dio denaro.
Pierluigi Ghiggini